L'ottimista (ancora sull'enneagramma)

La tipologia indicata con il numero sette è caratterizzata da una evidente voglia di vivere divertendosi e godendo di tutto con l’imperativo più o meno consapevole di evitare il dolore.

I sette sono quindi persone socievoli, estroverse, divertenti, curiose, interessanti, emanano gioia e ottimismo.

Sanno entusiasmarsi, fanno piani per il futuro, trasmettono intorno a sé l’impressione che ci sia sempre qualcosa di cui rallegrarsi; hanno un umorismo contagioso e sanno anche ridere di sé. Dove c’è un sette i bambini lo attorniano.

Nella loro gioiosità e giocosità non c’è posto per malinconie o pensieri “seriosi”. Sono ottimi compagni e amici di avventura. Ma poiché tendono a guardare solo il lato positivo delle cose, gli altri li considerano sì persone molto affabili ma anche piuttosto superficiali.

I tipi sette sentono il bisogno di evitare tutto ciò che è spiacevole anche se l’affrontarlo potrebbe significare una crescita per se stessi e un miglioramento per i loro risultati.

La fuga dal dolore li porta invece a una forma di autoindulgenza assolutamente sterile che si traduce nella spinta compulsiva a fare progetti e piani per il futuro, piuttosto che impegnarsi seriamente per risolvere i problemi quotidiani.

Sono così presi dalla curiosità e dall’entusiasmo per le cose belle che potrebbero fare che trascurano spesso e volentieri quelle più modeste che sono lì alla loro portata di mano.

Ai tipi sette piace parlare, raccontare storie, far ridere e divertire gli altri; e in questo investono le loro energie perché, se solo si fermassero a “sentire”, invece di parlare, fare e divertirsi, tutto il loro vuoto interiore o dolore infantile verrebbe a galla e si metterebbe a urlare.

Infatti ciò che un sette nasconde dietro la sua giocosità è un gran bisogno di essere accolto e amato così come è.

È questo il problema di ognuno di noi, lo abbiamo già detto, ed ognuno cerca di affrontarlo e di risolverlo con una strategia personale (il suo enneatipo).

La strategia del sette è negare il dolore; la sua difesa è “razionalizzare” le emozioni. Si appella cioè alla mente per non dover fare i conti con i propri sentimenti. Di fronte alla morte di una persona a lui cara lo sentirete dire: «Ora certamente non soffre più».

È un modo per tenere a distanza, controllare con la mente quello che percepisce troppo pesante da reggere a livello emotivo o perché nell’infanzia ha vissuto un grande dolore e teme che qualcosa dall’esterno possa risvegliarlo, o viceversa perché ha vissuto un’infanzia felice e protetta e crede di poter mantenere questo stato di beatitudine per tutta la vita.

In realtà non aspetta altro che qualcuno si accorga di quanto sia “falso” il suo star bene.

In genere è una relazione vera e profonda che lo mette in crisi, sempre che non fugga prima che si realizzi!

Il confronto con l’altro infatti mette a nudo il suo narcisismo, il bisogno di sedurre, la superficialità e la mancanza di perseveranza.

Quale percorso può intraprendere un sette che voglia uscire dalla sua trappola, scegliendo di vivere in modo autentico, fuori dal suo automatismo?

Innanzitutto riconoscere il suo “vizio” (la gola) e la “virtù” che gli si contrappone e va coltivata, cioè la sobrietà, praticando quindi atteggiamenti quali:
  • valorizzare ogni momento con ciò che di buono e di creativo può offrire;
  • portare avanti gli impegni presi, senza cercare scuse o distrazioni;
  • ascoltare chi soffre senza il bisogno di far vedere le cose nella luce più rosea;
  • accogliere la sofferenza come contributo alla propria maturazione umana e spirituale;
  • sperimentare il silenzio e la meditazione come occasioni per entrare più profondamente in se stessi e nelle cose;
  • amare la vita come è e celebrarla con gioia ma non a spese del suo lato oscuro.
Buon lavoro amiche e amici dell’enneatipo sette!

Antonietta Bardellini
dal Giornalino dell'Associazione - aprile 2005
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